Il titolo di questo approfondimento riassume perfettamente quel che stiamo per raccontarti.
Abbiamo trascorso una piacevolissima serata in compagnia della Cantina Corvée e dell’Associazione Italiana Sommelier – Delegazione di Salerno.
L’obiettivo era far scoprire il meraviglioso territorio dolomitico della Val di Cembra e questi vini freschi e minerali, questi vini di montagna.
Oltre che la potenziale longevità dei loro vini bianchi.
Beh, ci sono riusciti alla grande!
Un piccolo spoiler? La parola d’ordine della serata è stata porfido: una roccia di origine vulcanica presente nel suolo della Val di Cembra.
Abbiamo capito, sin dalle prime battute, che questa roccia gioca un ruolo specifico e fondamentale durante tutta la filiera vitivinicola, conferendo ai vini quel deciso sentore minerale che tanto li contraddistingue.
Prima di entrare nel vivo della degustazione, una panoramica su questa bella cantina con dimora e vigne nel cuore della Val di Cembra.
Partiamo dal nome della cantina, Corvèe: le corvèe erano le cosiddette giornate di lavoro gratuito dovute dal vassallo o dal servo della gleba al signore feudale.
La corvèe era una parte fondamentale di questo sistema. Era un modo per tener legato il contadino ad un determinato appezzamento di terreno.
Probabilmente anche per la Cantina il nome Corvèe vuol dire attaccamento al terroir, alle tradizioni, al pregiato porfido, ai vitigni autoctoni e ai metodi di viticoltura e di produzione del vino.
Tornando ai giorni nostri Corvèe è una Cantina fondata da quattro giovani soci, ognuno con il proprio ruolo, con un’unica mission: realizzare grandi vini di montagna.
Chiamarsi così è, forse, un modo per tenere solide le radici oppure è un modo per urlare al mondo la propria storia così tanto trentina.
Ad ogni modo l’obiettivo del presente e dei prossimi anni sarà rappresentare la Val di Cembra attraverso le proprie bottiglie.
E proprio al territorio è dedicato il prossimo paragrafo.
Apriamo questo paragrafo con una frase del celebre poeta britannico William Blake: “quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono”.
E noi aggiungiamo: grandi cose accadono, grandi uve si coltivano, grandi vini si producono e grandi degustazioni si organizzano.
Quando si persegue l’eccellenza e la qualità, con non poca fatica, succedono sempre cose che rimangono impresse nella mente delle persone.
Le cose belle per fiorire, però, necessitano quasi sempre di luoghi meravigliosi.
È il caso della Val di Cembra: geograficamente ubicata al nord di Trento immersa fra le altezze delle Dolomiti di Fiemme.
Questa Valle è un vero e proprio spettacolo della natura, ricca di vigneti e frutteti di vario genere, oltre che di cave di porfido.
Un mix territoriale perfetto per vinificare: la freschezza delle Dolomiti (Patrimonio Mondiale dell’Unesco), oltre settecento km di muretti a secco, anch’essi Patrimonio Unesco, un’esposizione al Sole da far invidia, suolo vulcanico.
Insomma, un luogo da visitare e da vivere almeno una volta nella vita.
Non ci siamo ancora stati, ma già abbiamo l’acquolina in bocca.
I circa 15 ettari di vigne della cantina Corvée sorgono proprio in questo paesaggio spettacolare, fra il porfido e l’imponente massiccio delle Dolomiti del Brenta.
Corvèe ci tiene a sottolineare il legame fra le persone e i vini sin dalle prime battute. Infatti sottolinea abbastanza presto questa forte connessione Moreno Nardin, enologo ed uno dei fondatori della Cantina: “Ci sono solo due cose che vengono identificate con un’annata: l’uomo e il vino.”.
Beh, inizio davvero interessante!
E in effetti questo fil rouge che lega indissolubilmente vino e terroir è ben chiaro lungo tutto lo storytelling.
La presentazione dei propri vini attraverso le varie altezze della montagna ne è un’incredibile dimostrazione.
Infatti Corvèe ama classificare i propri vini, a seconda dell’altezza dei vigneti, in questa maniera particolarmente romantica:
Anticipiamo che noi abbiamo degustato ognuna di queste declinazioni e filosofie.
Le vigne di Corvèe sono dislocate tra i 450 e i 750 metri di altezza, altitudini diverse che consentono la coltivazione di ben dieci vitigni: Müller-Thurgau, Pinot grigio, Pinot bianco, Chardonnay, Sauvignon blanc, Gewürztraminer, Riesling renano, Pinot nero, Lagrein, Schiava.
Interessante che l’attività della Cantina Corvèe avvenga sul 46° parallelo.
Naturalmente si tratta di un territorio vicino al 45° parallelo, di cui abbiamo ampiamente discusso in questo approfondimento: in effetti è la dimostrazione che a questa latitudine si toccano molti dei territori tradizionalmente vocati alla viticoltura.
Ora, però, passiamo ai 7 vini!
La degustazione organizzata da Ais Salerno e Corvèe prevedeva 7 vini della Cantina Corvèe:
La degustazione tecnica dei sette vini è stata condotta da Nevio Toti, Delegato di Ais Salerno, e Luca Matarazzo (sempre Ais Salerno) con interventi mirati dei due proprietari della Cantina Corvèe presenti in sala.
Come in ogni degustazione che si rispetti, si è partiti con una bollicina.
La prima bottiglia in degustazione è stata il Corvèe Brut, un Metodo Classico rientrante nella denominazione Trento DOC.
Uve Chardonnay in purezza coltivate ad un’altitudine di 549 metri sul livello del mare: rientra a pieno nella definizione “bollicina d’altura”.
Una bollicina elegante e che, senza dubbio, si fa bere.
Al naso sprigiona tanta frutta matura come l’albicocca, pur non diventando mai invadente.
Lo abbiamo immaginato immediatamente durante un aperitivo in terrazza a cavallo fra la primavera e l’estate.
Secondo calice.
Scendiamo di qualche metro, anzi, di una centinaia di metri ed andiamo a provare “Còr” il Pinot Bianco (2019) della Cantina.
Questo bianco, che rientra nella Trentino DOC, è prodotto con uve Pinot Bianco al 100% coltivate nel cuore della Valle. Infatti “Còr” significa proprio cuore: legame col territorio, legame con la vigna.
Abbiamo immediatamente notato un particolare legame affettivo fra l’enologo e questo vino.
Possiamo anticipare che è stato il nostro preferito fra i bianchi.
Un vino deciso e complesso: frutta fresca e fiori bianchi si alternano nel calice. Al naso è meraviglioso. In bocca è davvero tanta roba.
Il Pinot Bianco di montagna deve essere così.
Terzo calice, secondo bianco fermo.
Non potevamo non degustare il Müller Thurgau (2019) della cantina, anche lui rientrante nella Trentino DOC.
Siamo saliti nella nostra scalata montana: siamo quasi a 700 metri di altezza, fra gli “eleganti di alta quota” in piena viticoltura eroica.
Qui, per fare un buon vino, ci devi saper fare.
Devi avere tanta esperienza e spalle larghe: a partire dalla raccolta manuale delle uve in vigna.
E questo vino semi-aromatico ne ha davvero tanta: nasce probabilmente con una missione ben precisa. Rivendicare il ruolo di questo vitigno nel mondo enoico.
Sembra voler dire: “Da questo vitigno possono nascere bianchi come Viàch”. Ed ha ragione.
Un vino molto interessante che profuma di frutta bianca e agrumi. Fresco e sapido.
Se dovessimo descriverlo con una sola parola diremmo “persistente”: questo vino vuol farsi ricordare e lo sa fare.
Siamo sempre in alta montagna. Sempre fra gli eleganti d’alta quota.
Per il quarto vino ci troviamo nel calice “Clongiàn” un Gewürztraminer (2019) dalla maturazione lenta che nel calice rilascia frutta matura e tropicale.
Noi, al naso, abbiamo avvertito immediatamente i litchi.
Una bella concentrazione di profumi e al gusto molto piacevole per questo vino aromatico della Trentino DOC.
Dai bianchi si passa all’unico rosato della degustazione.
Rosbatù (2019) è un vino rosè che rientra nell’IGT Vigneti delle Dolomiti, un blend di Pinot Nero, Lagrein e Schiava.
Racconta molto bene il territorio di appartenenza: vitigni tipici, sapidità, freschezza e una bella dose di bevibilità.
Il nome ci ha incuriosito molto: è anch’esso un blend fra le parole “rosa” e “sbatù” che vuol dire “rosa pallida” proprio a ricordare il colore elegante e tenue del vino.
E infatti è proprio elegante la parola giusta: immaginiamo Rosbatù proprio per un raffinato aperitivo in baita con i salumi tipici della tradizione trentina.
Vai in Val di Cembra e ti aspetti esclusivamente grandi bianchi di montagna e ti ritrovi un calice di Pinot Nero così.
L’unica descrizione che rende giustizia a questo meraviglioso Pinot Nero Trentino DOC (2018).
Possiamo dire che è piaciuto a tutti i degustatori presenti.
Tannino elegante e spiccati sentori di frutta a bacca rossa come mirtillo e lampone.
Un Pinot Nero elegante: secondo noi si tratta di una bottiglia da avere nella propria cantina di casa.
Come descrivere l’ultimo vino della degustazione di Corvèe?
Beh il Passocroce, il Lagrein Trentino DOC (2019), si è presentato in maniera molto diversa rispetto a tutti i vini degustati fino a quel momento.
Un vino, prodotto con uve Lagrein in purezza, che mostra subito una certa maturità con i suoi profumi di sottobosco e la sua importante struttura.
Un vino che si impone nel calice (e nella degustazione). Potrebbe accompagnare serenamente dei secondi di carne strutturati.
Una descrizione più romantica è emersa durante la degustazione: “Questo Lagrein è come quel professore che spiega con calma ai propri allievi…”
Beh, questa metafora ci è piaciuta moltissimo.
E così si è conclusa la nostra degustazione dei vini della Cantina Corvèe.
Una bellissima esperienza e un altro fantastico territorio scoperto.
Consigliamo sempre di approfittare di queste occasioni di conoscenza.
Sperimentare e provare nuovi vini. Degustare vini prodotti con uve di vitigni di cui non siamo a conoscenza.
Perché, come ribadiamo spesso, il vino è cultura.